Cloe a Buenos Aires per educare al superamento degli stereotipi
Valentina Timpani è una maestra speciale. Insegna nella terza A del “Centro Cultural italiano Alessandro Manzoni” del quartiere Olivos di Buenos Aires, in Argentina. Quando ho saputo cosa aveva fatto insieme ai suoi colleghi usando anche il mio libro “Mi piace Spiderman…e allora?” le ho chiesto di raccontarcelo. Ed ecco una piccola grande storia di educazione alla comprensione dell’altro/a, fatta con amore e semplicità. Grazie a Valentina e ai bambini e alle bambine della terza A!
La storia di Cloe è arrivata nell’emisfero sud grazie a un’amica che l’ha messa nella mia valigia durante un viaggio in Italia. Qui in Argentina dove lavoro è difficile trovare testi in lingua italiana poco convenzionali, non stereotipati diciamo, nonostante ci sia un nutrito numero di studenti argentini che frequentano scuole italiane paritarie o simili.
Ma ora che ci penso, sarà che è difficile trovare nelle scuole in generale testi in cui le cose sembra siano raccontate al rovescio, se il dritto è quello che troviamo nei libri di testo comuni, che tutti dobbiamo comprare e usare?E se volessimo vedere le cose così come non sono raccontate dalla maggior parte? Dove dovremmo comprare quei libri che le raccontano, soprattutto a un bambino di otto anni?
La vita è l’arte dell’incontro diceva Vinicius de Moraes. Molto semplicemente la cosa migliore per comprendere l’altro e quindi ragionare sul diverso è incontrarlo, sentirlo. Solo alcuni libri favoriscono l’arte dell’incontro, quindi l’amore per il diverso, senza grossi sforzi e spiegazioni, perché raccontano la diversità come qualcosa di vivo e non imbalsamato in spazi e tempi (anche verbali) che il bambino non riconosce come suoi. Ma questi librini sono nascosti a volte.Per esempio quelle persone non vedenti che hanno gli occhi rivolti al cielo e non si capisce dove guardino, quei ragazzi che le scale non le possono fare e alla scuola privata che stiamo frequentando non possono venire, quelle famiglie con due papà e nemmeno una mamma, quei bambini poveri che invece di andare a scuola chiedono l’elemosina in molti angoli della nostra città e non lasciano camminare nei nostri quartieri “sicuri”, quegli adulti arrabbiati che litigano sempre e sembra non sopportino i bambini, e poi, e poi e poi… tutti quelli che dicono che ci sono cose che non possiamo comprare perché sono solo da maschi o solo da femmine.
Cloe, insieme ad altri personaggi ormai familiari, ci ha preso per mano e ci ha aiutato a non aver paura e a pensare che certe volte se ci mettiamo a testa in giù e le guardiamo, le cose attorno sembra abbiano più senso.
Nella terza A di una scuola italiana a Buenos Aires quest’anno abbiamo voluto dare più spazio a quel che c’è attorno a noi ma secondo molti è meglio non vedere, ragionando in spagnolo e in italiano su quando distinto è come dire distante. I bambini hanno costruito degli incredibili burattini ispirandosi a personaggi che rischiano di non essere compresi se non si incontrano nel modo giusto, a causa degli stereotipi ben radicati nella vita quotidiana già a sette anni. Con il maestro d’arte, quando abbiamo iniziato il progetto ci siamo detti: diverso è tutto, si può usare tutto per educare alla diversità.
Sì, sembra così semplice, diverso è tutto, quante volte abbiamo sentito frasi sensazionali che dicono: tutti siamo diversamente abili, uguali è (e) diversi, e cose così… ma poi ti accorgi che non si può usare tutto per affrontare direttamente certe questioni, perché quasi tutto il materiale istituzionale a disposizione che circola nelle scuole, in maniera diretta, non educa a nulla, se educa lo fa a distanza.
In terza quest’anno ci siamo accorti che diverso è tutto ma alcuni “tipi” di diverso, come se si potessero fare le categorie di diverso, che contraddizione, beh insomma, molte persone non li vogliono incontrare e a noi bimbi di otto anni facevano paura prima di incontrarli veramente.
(Valentina Timpani)
Post originale pubblicato su Vita da streghe