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E venne il tempo delle donne

E venne il tempo delle donne, che furono mandate per prime a lavorare dopo l’emergenza causata dalla pandemia. Erano risultate le più resistenti al coronavirus e quindi spettò a loro ricostruire il tessuto economico e sociale.
“Ma quando ci ricapita?”, si dissero. “Non avremo un’altra occasione di gestire le cose da sole. Approfittiamone per cambiare il mondo!”
Abituate a far quadrare i conti e a gestire mille faccende contemporaneamente, agirono da subito con spirito pratico. Esisteva da tempo una road map già perfettamente pronta per costruire una società globale più giusta: erano gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite. Gli stessi in uso al tempo degli uomini.
A differenza degli uomini, però, le donne li misero in pratica. Una volta tolti i privilegi di pochi, fu meno difficile di quel che si pensasse. Intervistata, una delle leader delle donne dichiarò a questo proposito: “Il vantaggio di essere donne è di poterci concentrare sull’interesse comune senza dover pensare a chi ce l’abbia più duro”.
Ai margini della società da sempre, inoltre, le donne avevano avuto modo di guardare le cose a distanza per secoli, dunque in maniera decisamente obiettiva. E poiché di rado nella loro vita si erano sentite al sicuro, sapevano bene cosa significasse vivere in costante, potenziale pericolo e non farsi trovare impreparate. Di conseguenza, come seconda cosa attuarono dei piani di emergenza per garantire la tutela e la sopravvivenza delle persone in seguito a disastri, pandemie ed altri pericoli epocali.
Abituate a programmare le cose, affrontarono di petto – letteralmente, è il caso di dirlo – la crisi climatica senza aspettare di essere spazzate via da un ciclone o da un terremoto, o di essere sommerse dall’acqua o travolte dalla desertificazione prima di attuare un piano di drastiche riduzioni della CO2 e di riconversione ecologica globale.
Potenziarono i mezzi pubblici e dimezzarono i voli e i trasporti su mezzi inquinanti stabilendo un calendario di uscite su veicoli dannosi per ciascuna persona, variabile a seconda della professione o delle necessità.
Per finanziare il loro piano di rinascita, le donne tagliarono drasticamente le spesi militari e riconvertirono le fabbriche di armi sovvenzionando l’istruzione, la ricerca e la cultura.
Solite ad ascoltare le proprie emozioni, riportarono il mondo a un tempo più lento, in armonia con la biologia umana e il rispetto degli equilibri naturali.
“Adesso che finalmente le persone hanno capito che si può lavorare bene anche da casa”, dissero, “creeremo orari e modalità di lavoro che rispettino i ritmi delle persone”.  Così le donne poterono finalmente seguire le energie del proprio ciclo adattando il lavoro alle proprie fasi e non viceversa, vivendo tutte decisamente più serene.
E gli uomini?
Agli uomini che rimasero a casa fu imposto un corso di faccende domestiche e gestione famigliare. Fu istituito un ulteriore numero di emergenza per segnalare i casi di negligenza da parte dei maschi che si rifiutavano di occuparsi dei compiti casalinghi, grazie al quale si poteva ricevere pronto intervento.
Quando fu il tempo di reintrodurre gli uomini nella società esterna, vennero organizzati dei corsi di parità di genere, di rispetto e di educazione alle differenze, al termine dei quali, se l’esame veniva superato, gli uomini potevano tornare a occupare i propri posti. Se, tuttavia, la donna che li aveva sostituiti avesse dimostrato di essere stata più capace e di aver prodotto maggiori risultati, allora il posto sarebbe rimasto a lei.
Di conseguenza, molto uomini si videro costretti a restare a casa o a cercare lavori alternativi.
Naturalmente le donne trovarono abbastanza velocemente un vaccino per il coronavirus poiché non attesero che un’unica azienda lo creasse ma misero in rete le competenze di tutte le imprese affinché, cooperando, trovassero la soluzione nel minor tempo possibile.
Decisero tuttavia di rendere pubblica la notizia con leggero ritardo.
 
(Giorgia Vezzoli)